Vitigni autoctoni e biodiversità

“Mio nonno paterno, nato nel 1900, raccontava di come lui stesso all’età di venti anni ereditò terreni con viti diffuse e maritate agli olmi. Da questo antichissimo sistema di allevamento,  già utilizzato in epoca romana, ricavò filari a spalliera col sistema dell’interramento delle propaggini (a getti posti alla base del tronco). Fu nei primi anni Novanta che, parallelamente al mio lavoro di capocantiere, iniziai a occuparmi di quei terreni di famiglia e a produrre piccole quantità di vino”.

Le varietà di uve presenti all’epoca erano l’Ulivello a bacca nera, usata dagli antichi Romani per la produzione del vino Cecubo, e la Reale a bacca bianca. Fino ad allora erano sempre state vinificate per uso familiare e le tecniche di vinificazione utilizzate risultavano essere piuttosto primitive. Il vino che ne derivava, pur essendo gradevole, era di gradazione medio-bassa.

Riccardo di Corato nel testo 2214 vini d’Italia, ed. 1978, definisce il vino derivato da uve di Ulivello nero un vino leggero “da non invecchiare”.

Ne siamo proprio sicuri?

Questa è la domanda che mi feci ripetutamente durante i miei spostamenti lavorativi su e giù per l’Italia. Spesso, dopo aver assaggiato un buon vino piemontese o toscano, mi interrogavo sulle possibilità del mio vino. Mi chiedevo se fosse possibile valorizzarlo esaltandone le proprietà con una lavorazione più appropriata. A tale scopo cominciai a curare in particolar modo la fermentazione, con l’obiettivo di far svolgere tutti gli zuccheri in alcool. Riuscii così a produrre vini di buona gradazione dai sapori e dai profumi unici, invecchiati fino a dieci anni.

Contemporaneamente alla fase di miglioramento del prodotto avviai una fase di studio e di ricerca ai fini di affiancare all’Ulivello nero altri vitigni. In prima istanza ne impiantai di nazionali e internazionali, come il Montepulciano, il Nebbiolo, la Barbera e il Carbernet- Sauvignon, i quali si rivelarono non adatti ai terreni e al clima di Monticelli. Presi, perciò, la decisione di reinnestare con vitigni autoctoni, nella maggior parte dei casi completamente sconosciuti. 

Nel tempo mi ero reso conto che tra le viti secolari presenti nelle vigne degli anziani contadini della zona, si nascondevano in maniera diffusa numerose varietà di viti che loro stessi non sapevano riconoscere. Spinto dalla curiosità e da un interesse di tipo storico-culturale mi dedicai alla ricerca e alla scoperta di queste perle nascoste. Allo scopo di acquisire informazioni utili perlustrai il territorio come un segugio, svolgendo osservazioni fra i vigneti antichi nei vari periodi vegetativi. Inoltre, intervistai più volte gli anziani ricavandone poche, vaghe e, a volte errate, informazioni.

Mario Moretti è il secondo dei quattro figli di Giuseppe Moretti ed Emma Cerrito, contadini nati, vissuti ed invecchiati nelle campagne monticellane. È in queste campagne che Mario passa la sua infanzia nel confronto diretto con la società rurale e con figure guida come quelle dei suoi nonni, dai quali apprende le regole e le tecniche del vivere contadino. Frequenta l’ istituto tecnico industriale ITIS di Pontecorvo (FR) e, terminati gli studi, lascia Monticelli. Si sposa con Silvana con la quale avrà due figlie, Federica e Valentina. Il suo lavoro di capocantiere lo porta in giro per l’Italia per molti anni. Malgrado gli impegni Mario non abbandona le sue passioni per la storia, la musica, la poesia e la viticoltura.

Quando ritenevo di aver individuato un vitigno sconosciuto ne prelevavo i tralci, li sovrainnestavo nella mia vigna e attribuivo a ciascuno di loro denominazioni legate alla provenienza o alle antiche descrizioni popolari. Così facendo ho acquisito circa 19 vitigni autoctoni completamente sconosciuti.

Nel corso degli anni sono riuscito a far analizzare dall’Arsial alcune di queste varietà, le quali sono conseguentemente entrate a far parte dell’ R.V.R (Registro Volontario Regionale delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario a rischio di erosione) rendendo, così, la casa vitivinicola Le Orme “custode di biodiversità”.

 

Sono stati iscritti a Luglio 2018:

Calamaro n.

Corapecora n.

Foiana b.

Petroveccia

Reale b.

Ulivello n.

I vitigni Capolongo e Lecinaro/Cicinese, rintracciati nei nostri vigneti, sono stati fatti riconoscere da agricoltori di zone limitrofe.

Le altre varietà presenti nelle nostre vigne verranno sottoposte ad analisi e sperimentazione nel prossimo futuro.