Territorio e Cenni Storici

Scrive L’Atlante d’Italia, stradale e turistico del Touring Club Italiano che in un Paese come il nostro, ricchissimo di borghi e comuni, di ‘Monticelli’ ne esistono ben diciannove. Monticelli di Esperia è un paesino sito in una vallata della bassa Ciociaria a ridosso dei monti Aurunci, che lo separano dal Mar Tirreno in corrispondenza di Formia e Gaeta. Osservando sulla carta il territorio di Monticelli di Esperia emerge l’isolamento geografico che ne costituisce la cifra storico-culturale.

Il paese poggia su un monticello roccioso sovrastato dal vicino e imponente cono di

Monte d’Oro (828 mt)

Si affaccia sulla Valle della Forma Quesa, che prende il nome dall’omonimo affluente del fiume Liri all’altezza di Pontecorvo, adiacente al Parco Naturale dei monti Aurunci. Lungo le sponde della Forma, a partire dalle sorgenti poste alla base del Monte Vetro, il territorio è costituito da terreni pianeggianti di natura alluvionale molto fertili, da sempre utilizzati per coltivare ortaggi, fagioli cannellini pregiatissimi e granoturco. Il resto del territorio è costituito da basse colline, anch’esse coltivabili. Avvicinandosi ai Monti Aurunci le colline, sempre più alte e rocciose, presentano ampi terrazzamenti utilizzati per la coltivazione di ulivo e vite. Salendo di quota si incontrano boschi di castagni, querce (‘cerque’ in uso dialettale), carpine bianco, mortella e una varietà di sottobosco tipicamente mediterranea. Ad alta quota troviamo boschi di pino e faggio.

Cenni Storici

Le zone montane del territorio di Esperia erano abitate in età preromana da popolazioni giunte presumibilmente dall’Anatolia. Furono proprio queste popolazioni ad introdurvi la coltivazione della vite e dell’ulivo. Le zone pianeggianti lungo il corso dei torrenti erano invece occupate da paludi e boschi e indicate col nome ‘La Foresta’ fino a tutto l’Alto Medioevo. Nel periodo delle guerre sannitiche, che va dalla metà IV sec. all’inizio III sec. a.C., i Romani costituirono un insediamento militare sul monte Cecubo per il controllo della valle del Liri fino a Cassino. La loro presenza nel territorio si dimostrò preziosa per la bonifica de ‘La Foresta’, per la realizzazione di infrastrutture, tra le più note la via Romana, e per un importante processo di razionalizzazione delle colture già presenti in zona. In questo contesto la vite acquisì un ruolo predominante nelle coltivazioni. Il famoso vino Cecubo (in lat. Caecubum) che insieme al Falerno di derivazione campana fu tra i più importanti vini romani, ebbe probabilmente origine nel territorio di Esperia. Ancora oggi nei boschi alle pendici dei Monti Aurunci si trovano viti inselvatichite sotto forma di arbusto (nome dialettale ‘alousct’) a testimoniare quelle antiche coltivazioni di epoca romana.

Con alterne vicende la coltivazione delle viti nel territorio si è conservata durante tutto il Medioevo giungendo fino all’epoca moderna. Notizie più dettagliate si hanno a partire dall’anno Mille, periodo nel quale l’influenza di Montecassino portò a una nuova sistematizzazione delle coltivazioni. Fino a tutto l’Ottocento vigeva il sistema delle viti maritate ad alberi ad alto fusto, principalmente olmi. Agli inizi del XX secolo questo metodo gradualmente venne sostituito con il sistema a filari disposti ad 8/9 metri di distanza l’uno dall’altro, con l’interramento delle propaggini.

 

Lo scempio del dopoguerra

Con l’avvento dei mezzi agricoli meccanici il sesto d’impianto dei filari disposti a 8/9 metri risultò problematico per le ridotte dimensioni degli androni. Per questo motivo le viti antiche furono quasi completamente estirpate a vantaggio delle colture cerealicole. Le viti furono poi impiantate in terreni ristretti con sistema di impianto a vigna (filari a spalliera a distanza di circa 3mt). Inoltre, in tale frangente fu commesso il grave errore di sostituire le varietà autoctone con vitigni nazionali ritenuti più produttivi come il Trebbiano e la Malvasia.