Vitigni autoctoni e Biodiversità
“Mio nonno paterno, nato nel 1900, raccontava di come lui stesso all’età di venti anni ereditò terreni con viti diffuse e maritate agli olmi. Da questo antichissimo sistema di allevamento, già utilizzato in epoca romana, ricavò filari a spalliera col sistema dell’interramento delle propaggini (a getti posti alla base del tronco). Fu nei primi anni Novanta che, parallelamente al mio lavoro di capocantiere, iniziai a occuparmi di quei terreni di famiglia e a produrre piccole quantità di vino”.
Le varietà di uve presenti all’epoca erano l’Ulivello a bacca nera, usata dagli antichi Romani per la produzione del vino Cecubo, e la Reale a bacca bianca.
Fino ad allora erano sempre state vinificate per uso familiare e le tecniche di vinificazione utilizzate risultavano essere piuttosto primitive. Il vino che ne derivava, pur essendo gradevole, era di gradazione medio-bassa.